Achille Bonito Oliva
curatore
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Palazzo delle Esposizioni museo
"GAPscape - State of Art - Italia"
Roma, Maggio 2016
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L’arte è una domanda sul mondo, e l’artista è un inviato speciale nella realtà.
L’arte è un massaggio del muscolo atrofizzato della sensibilità collettiva è l’irruzione di un gesto catastrofico sull’equilibrio del linguaggio interpersonale e paradossalmente la capacità di giocare tra catastrofe e comunicazione. Minya riesce con equilibrio a manovrare entrambi gli aspetti.
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Attraverso la catastrofe linguistica e la rottura sviluppa, produce e crea immagini personali a partire dall’osservazione che lei produce nei confronti del mondo e delle sue realtà. E dall’altra parte attraverso la forma ci comunica il buon fine di questo atto catastrofico. E pure, l’atto catastrofico questa volta intende cogliere nella realtà sociale che circonda l’artista, ma direi anche il suo pubblico - le eccellenze – figure che sul piano morale, economico, sociale, politico sono state e sono capaci con loro comportamento di valorizzare l’identità del proprio paese; in questo caso l’Italia.
L’Italia è un paese di poeti, guerrieri e navigatori ci dice un’antica retorica del passato. E pure il ventaglio di personaggi scelti dall’artista sono assolutamente documentati sia dalla storia personale di ognuno, ma direi anche dalla capacità di essere trasfigurati in icone.
L’intervento catastrofico sull’linguaggio va felicemente a buon fine in quanto l’artista pratica una tecnica assolutamente personale. Riesce a riportare sulla superficie speculare con pixel e adeguata assistenza manuale dell’artista per produrre una figurazione, una rappresentazione, uno spostamento dalla vita all’opera di personaggi riconoscibili, ma questa riconoscibilità passa attraverso la griglia linguistica. Un sistema formale, originale che dimostra quanto l’arte che parte da un empito morale è una domanda sul mondo attraverso una risposta linguistica assolutamente adeguata e accurata.
La figurazione nel caso produce una galleria, l’esemplare di eccellenze esistenziali comportamentali, professionali che producono modelli di comportamento attraverso la contemplazione che il pubblico può assumere di queste figure e partecipare da fermo, attraverso questa nuova iconografia, a sviluppare, massaggiare il muscolo atrofizzato della sensibilità collettiva.
Opera sociale è questa collettivamente organizzata che produce nuovi processi di conoscenza. Nel nostro caso, conoscenza di nuovi modi di produrre l’immagine, di praticare la pittura, e dall’altra parte direi la capacità di creare, illustrare la storia del nostro paese.
Nicola Zingaretti
Presidente della regione Lazio
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Palazzo delle Esposizioni museo
"GAPscape - State of Art - Italia"
Roma, Maggio 2016
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“GAPscape – STATE OF ART – ITALIA” mostra l’estro di un’artista originale e attuale come Minya Mikic e, insieme, un’idea dinamica e positiva dell’Italia, come fucina di talenti, terra di professionisti appassionati e intelligenze. Per questo la Regione Lazio ha deciso di sostenere questo evento culturale, che potrà avvalersi del prezioso contributo di Achille Bonito Oliva, promotore del progetto.
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Per me, l’emozione è particolare, dal momento che tra i trenta volti ritratti da Minya c’è anche il mio. E in questa doppia veste, di protagonista e fruitore, osservo e apprezzo un lavoro di grande pregio artistico e di forte impatto. Tra i volti scelti da Minya Mikic ci sono quelli di uomini e donne impegnati in settori professionali diversi: dall’arte allo sport, dallo spettacolo alla politica, passando per l’impegno civile e umanitario.
Uomini e donne che l’autrice della mostra definisce “ambasciatori del made in Italy”, di cui sono patrimonio nazionale e internazionale. Personaggi provenienti da tante città italiane diverse e tutti uniti nella rappresentazione del “corpo” e dell’”anima” del nostro Paese. Mikic è riuscita a immortalare un patrimonio di luoghi e persone che sono divenuti patrimonio comune. Questo è senza dubbio un progetto innovativo, moderno, vivace e sicuramente diverso da molti altri.
Giovanni Malagò
Presidente del CONI
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Palazzo delle Esposizioni museo
"GAPscape - State of Art - Italia"
Roma, Maggio 2016
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Un progetto artistico che lascia il segno. Che esalta l’eccellenza del made in Italy, valorizzando – attraverso ritratti speciali – la straordinarietà del nostro Paese, grazie all’unicità dei personaggi che lo caratterizzano. Achille Bonito Oliva ha saputo realizzare tanti piccoli capolavori confezionando, con il supporto di Minya Mikic, un’opera che può diventare il biglietto da visita più efficace per promuovere l’immagine vincente della tradizione tricolore, anche per sostenerci nelle sfide in cui siamo impegnati, tra cui quella olimpica chiamata Roma 2024.
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Tanti protagonisti, un unico comune denominatore: il senso di appartenenza nei confronti delle nostre radici, l’orgoglio di rappresentare e sventolare – con legittima fierezza – una tradizione che si specchia del successo. Sono particolarmente orgoglioso che questo progetto abbia una forte matrice sportiva e non parlo del sottoscritto ma degli atleti, dei campioni che veicolano l’immagine più bella della nostra patria, che scrivono la storia con il loro esempio fatto di talento e di determinazione, perché ogni traguardo va costruito con abnegazione e con determinazione. E’ una lezione che si riflette nella quotidianità, che fa dello sport uno stile di vita, concetto che questa preziosa galleria sa impreziosire con una sapiente vena artistica. E’ la proiezione di una cultura che ci contraddistingue, di un linguaggio universale capace si abbracciare ogni ambito. Perché sa parlare con la sinuosità e l’eleganza dei tratti, con l’espressività delle sfumature, con la ricchezza dei dettagli. E’ un inestimabile patrimonio da custodire per alimentare la storia dell’Italia.
Mario De Simoni
Direttore Generale del Palazzo delle Esposizioni
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Palazzo delle Esposizioni museo
"GAPscape - State of Art - Italia"
Roma, Maggio 2016
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Il Palazzo delle Esposizioni è lieto di ospitare il progetto “GAPscape – STATE of ART – Italia”, promosso e curato da Achille Bonito Oliva, che attraverso i quadri/ritratti di tanti eminenti italiani di oggi, opera di Minya Mikic, intende rappresentare una sorta di ideale viatico artistico per il percorso della candidatura di Roma sede olimpica 2024, e per questo arriva da noi con il sostegno del Comitato Roma 2024.
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È bene che tutte le forze del Paese partecipino a questo grande tentativo, e che anche la cultura, i suoi luoghi e le sue espressioni possano esprimere il proprio ruolo da protagonisti delle vicende nazionali. Proprio come accade in questa occasione, un progetto in cui confluiscono un grande suscitatore di cultura e di pensiero come Bonito Oliva, un’artista originale e attenta ai temi della comunicazione come Minya, la generosa disponibilità dei tanti personaggi che si sono fatti ritrarre, e una sede importante come il Palazzo delle Esposizioni.
Siamo certi che questo spirito di collaborazione intellettuale e istituzionale, concretizzatosi nella realizzazione del progetto “GAPscape – STATE of ART – Italia”, possa e debba accompagnare l’intero cammino della candidatura di Roma 2024.
Corriere della Sera
"Minya Mikic, celebrità made in Italy"
maggio 2016
La Repubblica
"Roma, le icone di Mikic a Palazzo delle Esposizioni"
maggio 2016
ANSA
"Minya, l'eccelenza da Eco a Bocelli"
maggio 2016
La Repubblica
"Made in Italy" - Incredibile Bebe Vio: la scherma è la vita
maggio 2016
Exibart
"Lo stato dell'arte in Italia "
maggio 2016
La Voce
"Il "GAPscape" di Minya Mikic "
maggio 2016
Loredana Barillaro
curatrice
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mostra personale in galleria Ellebi
"Comunicazione visiva che raccontano l'uomo"
Cosenza, Aprile 2012
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Un discorso che non è mai univoco quello tessuto nei lavori di Minya Mikic, mediante parole che non sono tali, ma che si traducono, come in un passato arcaico, in linee e simboli. Nessuna retorica, rievocazione dei linguaggi che furono, ma è necessario accennarvi poiché è da ciò che l’artista parte per illustrare il suo percorso. Un percorso lungo dieci anni che racconta i meccanismi della comunicazione, così mutevoli: dall’arte rupestre, con i suoi graffiti, ad oggi, un’epoca in cui la tecnologia viaggia a velocità estreme. Una riflessione sul linguaggio e attorno al linguaggio.
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Forse una nuova street artist? Ma non nel senso che conosciamo tutti, la sua è un’azione nomade che non lascia traccia indelebile nello spazio su cui “poggia”. Essa determina un dare ed un ricevere, dal contesto geografico-spaziale a quello della superficie pittorica, quando questa è una lastra in plexiglass – come estensione ed evoluzione della tela – materiale che, per nulla invasivo, permette all’artista un singolare intervento sul paesaggio. Forse una performance il cui risultato potrebbe essere una documentazione in post produzione. Un itinerario, una mappa incisa, così come incise appaiono le sue opere, strascichi di storie a narrare vicende umane su superfici frammentate, rugose. Minya Mikic simula i pixel delle immagini digitali, a creare una linea di congiunzione fra il presente ed il passato, determinando accattivanti piani tattili e oltre che visivi. Una continua ricerca, tecnica e del pensiero, un percorso costante senza voli pindarici le consente però di ottenere risultati sempre nuovi in opere che si evolvono nel corso degli anni.
Nelle opere di Minya Mikic le linee ed i movimenti a volte sinuosi, talora graffianti, nervosi costituiscono la parte umana, primordiale, su materiali contemporanei. Ecco allora che il gesto libero si affianca alla regola, al metodo, così necessario per esprimere l’idea. Forse Minya costruisce un corpo, vi è l’anima e vi è la carne. Una carne segnata, incisa, che muta la sua natura per divenire altro da sé. Stratificazioni di materia come stratificazioni di epoche lontane che salgono alla superficie attraverso tagli, cunicoli o rilievi. Quasi un mondo parallelo, l’immagine negativa di ciò che sta al di qua. Non è mai un lasciarsi andare assoluto, non è il caos. Figurazioni segmentate e ricomposte attorno a cui il nostro movimento, forse, altro non è, che una danza rituale pronta, ancora una volta, a ricondurci indietro nel tempo.
Ma una superficie in plexiglass non è solo trasparenza, è determinazione e volontà, poiché, qui, non c’è ripensamento.
Davanti alla parete si coglie l’essenza, la parte pittorica che mediante acquista una particolare tridimensionalità, particolare perché non tangibile, mutevole con il mutare della luce. Un “quadro” in plexiglass non finisce mai, ma cambia, si evolve nell’incontro inevitabile con quanto sta oltre e attorno.
GAPscape è proprio questo, osservare, scrutare attraverso crepe e fessure e la Urban Art di Minya Mikic è quella che agisce sul paesaggio, da esso forse trae origine. Luoghi come New York, Roma, Londra, mutano il loro aspetto, la loro natura e al contempo il “quadro” diviene elemento classico o grida forte la sua contemporaneità. Non è più un inglobare il “testo” nei limiti del quadro conferendogli “vita eterna”, ma si tratta di un’esperienza del qui ed ora e mai a senso unico.
Il suo percorso artistico non si ferma qui, ed ecco che altri soggetti, nuove sperimentazioni formali si delineano nel suo lavoro, i ritratti. Qui, più che altrove le luci, le ombre, le linee dei volti, gli sguardi, sono il risultato di un gioco prospettico fra il dentro e fuori. Ella aggiunge quando qualcosa manca e sta a guardare quando è la luce ad intervenire.
Dunque lavori mutevoli che modificano e si modificano in relazione al contesto. Minya Mikic interviene per organizzare lo spazio, e lo fa con semplici “regole”, senza imposizione alcuna, solo fornendo uno strumento per un’osservazione che sia il più possibile soggettiva. Non c’è un prima e un dopo, vi è semplicemente una visione mutevole e simultanea attorno a cui movimenti “ancestrali” ne ricordano l’origine.
Andrea Palermo
critico d'arte
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galleria Edieuropa
"Linguaggi primordiali nella concezione moderna di Minya Mikic"
Roma, April 2011
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Nel ricordo ancestrale dell'uomo i simboli sono alla base delle tradizioni tramandate nel tempo. Primi coloro che recarono sulla roccia i marchi indelebili che narrano di tempi infinitamente lontani ma che trovano spazio nei nostri pensieri cancellando l’oblio nella nebbia della storia.
Figure disegnate, scolpite, nate dallo sguardo affascinato dei primi uomini che guardavano con stupore la creazione maestosa della natura non da semplici spettatori ma da attori capaci di decidere le sorti dell’umanità con le loro azioni e con i loro linguaggi trascritti, consapevoli di lasciare ai posteri la ricetta alchemica dell’immortalità, che solo l’arte può donare all’uomo.
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I simboli con i quali la bravissima artista Minya Mikic parla oggi al mondo dell’arte non sono solo frutto di un linguaggio moderno ma arrivano direttamente da quelle pitture rupestri rimaste impresse nella sua mente e che oggi riemergono in tutta la loro bellezza cromatica e simbolica delle sue opere.
La sua arte sembra fondersi con la storia delle sue origini serbe, nella bellissima Novi-Sad città antichissima abitata già oltre 4500 anni fa da insediamenti paleolitici, e quegli uomini e quei simboli hanno trovato in Minya Mikic la degna mentore dei loro ancestrali messaggi.
Minya non è solo un’artista che dipinge le sue tele per piacere agli occhi della gente, lei cerca di parlare attraverso i colori e le sue sinuose figure a tutti coloro che si soffermano ad ammirare le sue opere, in esse si nascondono il mistero della nascita della vita nei vorticosi passaggi che attendono l’essere umano affinché la sua esistenza venga alla luce.
L’artista intende attraverso la sua arte astratta, in una metafora trasmettere il logos nascosto della storia dell’immagine, perché ogni opera ha un proprio linguaggio e una propria storia a sé e non ammette ripetizioni.
I suoi dipinti nascono su elementi destinati a divenire schiavi della luce che li proietta in una dimensione irreale nascosta solo dalla mancanza onirica dell’uomo moderno.
Chi osa sognare e guardare oltre le opere di Minya trova la bellezza del passaggio del tempo in ogni suo attimo, anche un solo minuto può divenire fondamentale per comprenderle perché attraversate dal riflesso diverso della luce che inderogabilmente concede al tempo l’onore delle armi, ogni minuto trascorso intensamente ad ammirare quelle strade infinite di colore ci rende edotti che i suoi dipinti non hanno una collocazione temporale, perché esse sono il tempo stesso che passa e che proietta su di esse la dimensione dell’essere, solo se lo si vuole, o del non essere, se ci si lascia annullare dal pensiero moderno che ferma il suo sguardo solo al primo battito di ciglia.
I pigmenti puri con i quali Minya Mikic opera sono quel legame indissolubile tra l’antico e il moderno tra i linguaggi primordiali e le espressioni odierne che nascono dalla tecnologia del graphic-design di nuova concezione, essa intende rendere le sue opere un testamento ai posteri del suo essere, semplice e delicata negli andamenti tenui dei colori pastello ma forte e orgogliosa nei graffi rosso fuoco alimentati dalla passione per l’arte che è il fondamento per chi vuole lasciare opere non anonime ma indissolubili nel tempo.
Minya con il suo modo di interpretare l’arte informale diviene metaforicamente il fulcro di una clessidra che vede scorrere le sabbie di un passato pittorico e interpretativo del mondo nella prima parte dell’ampolla, riproponendola in chiave moderna e emblematica nella seconda.
Il suo essere è perennemente diviso tra quello che è stato e quello che sarà, tra la sua odierna vita a Roma, la città emblema del mondo antico e la modernissima New York, la metropoli espressione del futuro, tra la tela: supporto sulla quale esalta i colori della dimensione del mondo reale e visibile e il plexiglas: sul quale le figure avide di luce vengono proiettate nella dimensione più profonda.
“Amo sperimentare e giocare esplorando tecniche sempre diverse.. mi piace molto lavorare i pigmenti… creare un forte contrasto usando materiali opposti come plexiglas e pigmenti naturali” con questo pensiero Minya intende stupire il mondo dell’arte moderna sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi e comunicativi che riescano a stupire lo spettatore, ogni opera è a se ogni opera ha una sua collocazione ben precisa, ogni opera illude e persuade lo sguardo, ogni opera trasmette sensazioni diverse, ogni opera nasce con un titolo ben preciso che la colloca nella riflessione più profonda dell’umana comprensione.
GapScape questo è il termine con il quale chiamare la sua arte e con la quale Minya Mikic intende la sua arte, quell’andare oltre ogni concezione, la ricerca irrefrenabile della legenda metropolitana dell’essere e del non essere, di quella porta ancestrale che permette di oltrepassare l’oltre di ogni dimensione quella fessura temporale infinita sogno dell’animo umano.
Minya Mikic, figlia di artisti, termina gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Novi-Sad e insegnante di Graphic Design, prima di conseguire la Laurea nel 1999 si trasferisce a Roma dove vive ed opera.
In questi anni ha effettuato numerose mostre in tutta Italia compresa una meravigliosa estemporanea all’ombra del Colosseo sino ad approdare nel 2006 alla ribalta delle sale espositive NewYorkesi nel cuore della celebre Manatthan.
Pablo Picasso diceva : “La pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a se stesso riguardo a ciò che ha visto.” In questo aforisma c’è racchiusa l’arte di Minya Mikic.
Corriere della Sera
"Minya Mikic sulla scia della storia "
maggio 2010
Golf & Eventi
Golf & Eventi magazine reports on it's full second page about Minya's solo exhibition in galleria Tartaruga in Rome
agosto 2010
Italia Sera
Valleria Bittarelli from "Italia Sera" reports on Minya's exhibition in "Galleria della Tartaruga"
giugno 2010
Il Messaggero
Critico d'arte Danilo Maestosi in "Il Messaggero"
giugno 2010
Andrea Romoli Barberini
critico d'arte
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mostra personale nella galleria Tartaruga
"Minya Mikic, dal delta alle sorgenti del linguaggio"
Roma, Maggio 2010
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Un “racconto” visivo in chiave squisitamente aniconica che, nel negare ogni referenzialità dell’immagine, consente ai segni di generarsi e organizzarsi liberamente per ricostituire, quasi si trattasse di un’esperienza di laboratorio, la fase embrionale del linguaggio. In questa sofisticata contraddizione, che formalmente include alcune componenti della cultura informale per negarle con la programmaticità degli obiettivi della ricerca, risiede il nodo centrale dell’esperienza pittorica più recente di Minya Mikic.
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Un “racconto”, una narrazione, s’è detto, la cui sintassi va cercata nell’opera e al di fuori di essa, nel nesso, talvolta insospettabile, che lega un elaborato all’altro in un rapporto di causa ed effetto e che, come più volte affermato dalla Mikic, tende a restituire allo sguardo una sorta di storia della comunicazione rielaborata e, in certo senso, rivissuta nella dialettica tra segno e materia, propria della pittura.
A guardare nel recente passato di questa artista è possibile rintracciare anche una significativa rettifica di percorso, quasi un pentimento, che non smentisce la coerenza del suo corpus pittorico ma che anzi ne esalta il rigore, quasi a voler spostare ancora più indietro nel tempo il punto di partenza di questa sua complessa ricognizione.
Il riferimento va a quella pur accattivante serie di opere in cui si potevano distinguere lacerti figurali, memori delle pitture rupestri preistoriche, discretamente inseriti nei supporti come una sorta di indizio cronologico, di indiscutibile forza evocativa, concesso all’osservatore.
Frammenti di forme referenziali, tentazioni iconiche, del tutto sparite dalle opere più recenti senza conseguenze sulla “riconoscibilità” dell’artista che resta efficacemente affidata al clima arcaico che scaturisce, in questi manufatti al pari di quelli passati, da una materia spessa e porosa, solcata da segni di vario registro. A una gestualità viscerale che graffia le superfici con diversa energia, si uniscono infatti calligrafici arabeschi e modulazioni materiche regolari, ottenute con stampi elementari proprio alla maniera di certe soluzioni preistoriche.
I supporti così organizzati nelle loro seducenti trame segniche e nella ridondanza di una materia fatta di terre e pigmenti, si presentano come veri e propri palinsesti pittorici, stratificazioni di superfici diverse e sovrapposte individuabili grazie alle loro stesse discontinuità, ai solchi, alle cavità, ai rilievi che rinviano ad epoche, ere diverse. Sono le sedimentazioni di un istinto comunicazionale che, nella sua fase magmatica, precede la codificazione dei segni.
Una pittura da interpretare quindi come una sorta di esperienza metalinguistica che sembra voler risalire il grande fiume del linguaggio, a partire dalla complessità del suo delta, dato dal nostro presente, per raggiungere la sua sorgente, e con essa il grado zero della comunicazione.
La necessità di far coesistere e interagire, nello stesso manufatto, segni di epoche diverse ha da qualche tempo imposto all’artista l’utilizzo di materiali trasparenti in luogo delle tradizionali tele.
La Mikic, attraverso l’uso e la lettura bifronte di questi nuovi supporti esalta l’idea di successione e sovrapposizione temporale del segno, dal passato al presente, dalla materia per la rappresentazione al qui e ora della realtà viva e presente e viceversa, concedendo così all’opera la possibilità di una contaminazione, dinamica e mai stabile grazie alla trasparenza che ingloba azioni e situazioni del mondo circostante.
Ben al di là del concetto tradizionale di quadro, queste opere, come dimostrato dalle sperimentazioni condotte dall’artista nei luoghi della vita comune (spiagge, monumenti storici), cercano ora una diretta relazione con la realtà, non intesa come possibilità rappresentativa, ma come occasione di appropriazione, condivisione e contaminazione. Una pittura che ora, consapevolmente, senza negare e anzi radicalizzando la sua identità disciplinare, cerca un rapporto diretto e simultaneo con il seducente divenire dell’irrefrenabile performance del mondo nell’incontrollabile complessità dei suoi segni.
La Voce
La Voce covers Minya's solo exhibition at "Galleria della Tartaruga" in via Sistina in Rome
maggio 2010
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Monografia, mostra personale a Monkdogz NY
"Arte - forma di comunicazione"
New York , Ottobre 2008
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Comunicare è sempre stata una delle necessità primarie dei gruppi umani. Questo bisogno, rappresentato dalla nascita del linguaggio prima e della scrittura dopo, si concretizzò già migliaia di anni fa unitamente alla necessità di tramandare la conoscenza nel corso delle generazioni, attraverso la rappresentazione di immagini con valore di culto e con la funzione di istituzione sociale
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L’immagine, dalle sue origini, consente inoltre un primo passo verso l’elaborazione della psiche soggettiva infatti esteriorizzando le pulsioni mediante la loro rappresentazione, gli uomini se ne distanziano e ne sospendono l’urgenza. L’Arte figurativa è sempre stata il più potente mezzo espressivo e comunicativo a livello culturale, sociale e religioso attraverso l’evoluzione dell’uomo e della società. Essa ha sempre esercitato il suo potere comunicativo mediante le immagini, che la rendono accessibile alla comprensione di tutti gli uomini e tutti popoli al di là di qualunque problema linguistico o sociale e portando dunque con sé un messaggio chiaro, tramandabile e utilizzabile anche a scopi didattici ed educativi. Con, l’evoluzione della società e le scoperte tecnologiche, anche nel campo delle comunicazioni, si assiste a un notevole cambiamento nel mondo dell’Arte soprattutto per quanto riguarda le sue tecniche di produzione e di RIproduzione. In un periodo storico caratterizzato quindi dalla cosiddetta terza rivoluzione industriale che scaturisce dalla convergenza delle telecomunicazioni e dell’informatica che influenzano ormai tutti i mezzi espressivi dell’uomo, si inseriscono le opere della giovane artista di origini serbe Minya Mikic. L’intento di Minya è quello di comunicare visivamente attraverso la sua arte la nascita e l’evoluzione della comunicazione stessa, dalle sue origini primordiali con i disegni rupestri delle scene di caccia fino al nostro quotidiano modo di vivere, dove neanche le tecnologie analogiche che hanno reso possibile la riproduzione del reale bastano più e dove i flussi e i bisogni comunicativi continuano a moltiplicarsi a dismisura, in un luogo e in un tempo in cui la tecnologia digitale annuncia una vera e propria rivoluzione copernicana nei sistemi di comunicazione, dove l’intero universo del comunicabile viene scomposto e ricomposto attraverso una sequenza di operazioni, che vanno dalla fase binaria a quella alfanumerica, poi a quella simbolica e infine a quella rappresentativa vera e propria portando ad un prodotto finale che diviene solo un sistema di rappresentazione e che non ha nessun collegamento e nessuna corrispondenza necessaria con la natura fisica del fenomeno rappresentato. Nell’epoca “benjaminiana” della riproducibilità tecnica, sintomo della massificazione dell’oggetto artistico, anche alla più fedele replica manca un elemento: l’hic et nunc dell’opera, la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova, la sua autenticità. Le opere di Minya Mikic raccontano, citano e interpretano la comunicazione e le sue tecnologie e contemporaneamente le denunciano e le additano come colpevoli della perdita del fare artistico, responsabili dell’uniformazione dei mezzi. Minya si appropria magistralmente dell’effetto visivo prodotto dalle metodologie digitali riuscendo però a mantenere intatta l’aura di autenticità delle sue creazioni attraverso l’unicità del suo gesto artistico manuale caratteristica che ci rende, come lei stessa afferma, “straordinari ed irripetibili”. L’arte di Minya è densa di significati e arricchita da personali sperimentazioni e interpretazioni della materia lasciata viva sulle tele e sulle lastre trasparenti di plexiglas. E se la natura che parla ad un obiettivo fotografico è diversa da quella che parla all’occhio umano, forse allo stesso modo, il mondo che ci appare attraverso le fessure appena accennate tra i pixel dipinti sulle lastre di plexiglas di Minya potrà essere più facilmente interpretato secondo un differente punto di vista, cercando di “vedere le cose attraverso un altro prisma”.
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mostra personale nella galleria Monkdogz Urban Art
"GAPscape New York"
New York , Ottobre 2008
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Minya is an extremely innovative and vastly intelligent artist whose use of texture and symbolism can take the viewer into both the past and future simultaneously as if they are discovering pre-historic petro glyphs next to an object left by some alien traveler from beyond our galaxy.
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There is something both seductive and primal in her use of form and structure that borders on sexual eloquence. Her use of muted and primary color applications only add to the wonder of experiencing her work. The innate beauty of these works can be found in their continual evolution sparked by light due to the material use and texture of the work. It is as if the works possess a soul, constantly searching for a way to express and re-invent them selves and adapting to their newly placed environment.
Mario Cappelli
giornalista
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mostra personale nella galleria Tartaruga
"GAPscape - Roma"
Roma, Maggio 2008
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Awaiting Minya’s solo exhibitions in Rome’s Galleria della Tartaruga and subsequently in New York’s Monkdogz Urban Art in Chelsea Art connoisseurs in Italy know this artist who exhibits in Rome and New York, for her previous exhibitions in Italian galleries and abroad.
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This year Minya has been invited to participate, for the second time after 2003, in the traditional spring exhibition organized by ARGAM - the Association of Roman Galleries of Modern Art. In 2007 she also participated in the KunStart art fair in Bolzano and in Italy she is a member of the prestigious galleries in Rome, Milan and Novara. In New York she exhibits her works in Monkdogz Urban Art gallery in Chelsea. Already in her previous paintings Minya revealed her fascination and interest in the early humans’ attempts of visual communication. By comparing and confronting through her art that communication with modern media and means of communication, she created her recognisable personal expression. While those works continue to charm and intrigue with both their subtlety and artistic quality, in her most recent collection Minya offers even more. Further emphasizing the idea behind the layers of pigment, she gradually pushes her already stylized figures toward entirely abstract form, thus subliming her idea of visual communication. At the exhibition in Monkdogz gallery in Chelsea in September 2007, she gave us a hint of this evolution. While her technique remains characteristic and recognizable, her latest compositions and forms show the progress and maturation of the author’s artistic thought. When Ed McCormack referred to this exhibition in Art & Studio Magazine entitling his article “Monkdogz Fires a Bold Opening Volley Across the Bow of New Season” he actually intuited Minya’s new effort. Not asking for the approval from the spectator’s eye, she maintains the inner beauty of her works which is not condescend but engaging and requiring. That is another reason why her works continue to delight and enthuse even after prolonged and intense observation, revealing new meanings and showing concealed forms. Another thing which enriches the value of her opera is the interactivity with the light. One would hardly expect a work created on a canvas to be so light-interactive. “People often think I exaggerate when I tell them the painting will look different tomorrow morning – but it does!” says Minya. And truly, it is enough to turn on an extra light or close the window blinds, and the works start to look differently – previously hidden forms appear and new shadows materialize. Not an ordinary effect considering it is created with traditional canvas & paint! A versatile and modern artist, Minya creates her works also on a less traditional media – plexiglas. Often these works are composed of two, tree and sometimes even four layers mounted at a distance of 1.5 inches. Transparent ‘empty’ spaces on these works have equal importance as the painted ones, creating together a complex stratification of pigments and shadows on a cold and modern plexiglas surface. The effect of lightness and spontaneity is a result of a careful and meticulous study because the technique does not allow any mistakes and corrections. The opening of the Roman exhibition will be on May 23rd in Galleria della Tartaruga in central via Sistina, right on the top of the famous ‘Spanish steps’, while the New York exhibition will take place at the end of the month of October in Monkdogz Urban Art in Chelsea.
Lettera Internazionale
L'opera di Minya sulla copertina del periodico internazionale
2008
Italia Sera
"Italia Sera" on Minya's solo exhibition in Rome
maggio 2008
Golf & Eventi
Monthly review "Golf & Eventi" writes about Minya's art
maggio 2007
Ida Mitrano
critica d'arte
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mostra personale nella galleria Tartaruga
"Transformunication"
Roma, Maggio 2006
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The rediscovered symbols of Minya Mikic To exceed the fractionating of space and linearity of time, recovering them in the synchrony of space and time of her work, is what connotes the art of Minya Mikic.
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A reading key, that allows to identify immediately a poetic nucleus of research toward which the artist’s different experiences converge, conducted in various creative fields. Her interest in communication and the necessity to rejoin its segments, recognising them not as the external phenomenon, but on the contrary recognising the profound motivations, are the reasons that determined the choice of the subject that characterizes the current work. This could be an interpretation sufficient to provide simple explanation, but which would turn out to be superficial and reductive, if one doesn’t sense vital and hidden ferments that form the very humus of Minya’s artistic performance, which reveal themselves, in effect, the true substance of the work. The logic that guides the artist’s intervention on canvas, meditated and experimented, at first glance, across preparatory studies, deliberately appears to be somehow apparent, not rigorous, unable to control completely in its complexity the creative process. Not frozen by complete programming of the work, the movement of the artist encounters unexpected inputs, which allows new access to an archetypic imaginary, researched and re-contextualized with great sensibility of the artist. It is also not accidental that the surface of the paintings becomes a screen on which gather together figures, signs, suggestive traces of an almost genetic memory, that seem to re-emerge on canvas as the scene of that possible space-time synchronism, that the artist pursues. A place that becomes magic, burdened with remote symbols, rituality, where everything converses, where everything is in movement, where everything is bursting with life. In fact, Minya’s work not only faces the subject of communication in terms of the evolution of language but also communicates itself, presenting a sedimentation of images that unveil only to the observant, curious eye, ready to relate to a mysterious, antique writing. To the explicit contents, to which we owe the realization of these works, are subtended unknown contents which are to be searched out, discovered through a different way of observation. With the quotations of the cave art, with their animals or stylized human figures, simplified in an efficient, immediate style, submerged in a magma of symbols and re-contextualized across the overlapping of lines positioned according to a certain order or the punctiform pieces, to symbolize the historic transformations of human communication up to appearance of digital technologies, the artist experiments not only different possibilities of communication, but above all offers different perception of reality. To give visibility to this difference, allows to create the premises for a true exchange, for a transversality even subterranean that permits to discover the complexity of the individual. Minya does it using exactly the expressive manners typical of computer media, whose language is synthetically suggested by pixels on the canvas. In that sense, also seriality of an image or the choice of its detail inside the pictorial space can be interpreted as an input to experiment other possible visual, and at the same time mental, journeys. If forms of communication, so intense, are multiple, even more is experience defined in relation with them. And it is, every time, a new experience, an enchanting event. The magic of this event soaks the material surfaces, characterized by thickness and by graffiti which often are revealed only when seen under the certain light, another fundamental element in the artists creative process. The external light, never direct on the painting, becomes an integral part of the work, reveals the hidden content, but creates primarily a game of shadows on canvas, which modifies continuously the use and connotation of the work itself. Minya’s art, constructed on restless transformation of the pictorial vision, connotes itself as metaphor of communication and its mutations in the course of history, but essentially hosts inside itself the mystery of life, and with that, of man.
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mostra personale nella galleria Tartaruga
"Transformunication"
Roma, Maggio 2006
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In the paintings of Minya Mikic more than the colours deliberately monochromatic, are the surfaces, processed with the expertise, to impose themselves powerfully:
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rough and carved with archaic animals, polished in pearly transparence with fluctuating Egyptian alphabets, excavated like archaeological discoveries, structured by lines and pixels of the video screen, they narrate the communication of man, himself reduced to an archaic symbol. Surfaces that separate to reassemble staggered and to fall apart again, where the magic of light transforms the symbols in visual stimulus which interact with our sensibility, modern and problematic. Surfaces submerged in a meditative silence which contemplates eternal presence of those messages, signs of our precariousness of existence
Irina Subotic
storica d'arte
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mostra personale nella galleria Tartaruga
"Transformunication"
Roma, Maggio 2006
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Nel dialogo stabilito fra il pensiero artistico attuale e le traccia delle antiche, originarie civilizzazioni, giovane artista Minya Mikic cerca di mantenere equilibrio fra i valori universali e le possibilità visuali del dipinto.
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La sua ricerca si basa sulla materia, gli spessi strati di colore e altri materiali con i quali lei arricchisce la propria opera e con i quali realizza abbondanti strutture in rilievo. Dietro di loro irradiano gli effetti di luce pieni di ombre enigmatiche, particolarmente nelle condizioni di luce diversa sotto la quale la matteria stratificata acquisisce una nuova importanza e senso. Il contrassegno più caratterizzante di opera di Minya Mikic è la sua capacità di numerose variazioni sul tema di movimento e drammatici mutamenti di forma, nelle quasi monocromatiche soluzioni delle nobili tonalità terricole. In questo modo l’artista realizza il prototipo di comunicazione con i remoti modelli, plasmati nei nuovi media e con le idee nuove e, come in un rondo musicale tanto vicino alle ripetizioni con le variazioni postmodernistiche, nei suoi quadri si sente il linguaggio dei tempi moderni senza abituale esagerato uso di nuove tecnologie: loro sono soltanto sottointese, come si lascia intendere che latente astratto dei suoi quadri porta anche significato del senso riconoscibile.
Vivendo nell’ambiente della città eterna di Roma, giovane artista comprensibilmente ha sentito depositi di materia e strati di civiltà come l’imperativo del proprio impegno; in quel senso i suoi lavori si possono leggere come il dialogo con la società alla quale sempre di più appartiene lei stessa. $
Italia Sera
La mostra di Minya nel Febbraio 2006
febbraio 2006
Stefania Missio
"Transformunication"
mostra personale nella galleria Tartaruga
Roma, Maggio 2006
Minya Mikic is authentic symbolic painter gifted by distinctive sensibility. Minya likes to accompanies her public toward a emotional three dimensionality thanks to a minimal variations of the material layers which she prepares to subsequently incise decisively her alphabets. Paying attention to the problem of communications the Artist coherently combines research of the visual symbols with the constant exploration of the modes and contents of the complex system of communication.
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Young but already expert in technique and research Minya is getting increasing number of consents, both from those who believes in painting exclusively as pleasure for the eye, as well from those who think that behind every movement of the brush there should be a big intellectual effort.
JAT review
Serbian national air company writes in its journal an extensive report on Minya
Gradjanski list
novembre 2003