Critics & exhibitions
Art is an enquiry on the world, and the artist is its special envoy in reality. Art massages the atrophied muscle of collective sensitivity. Art is a catastrophic disruption in the equilibrium of interpersonal communication. Paradoxically it is the ability of relating and playing between catastrophe and communication, and Minya handles both these aspects with balance.
Through rupture and linguistic catastrophe she creates personal images starting from her observation of the world and its realities. And at the other end, through form, she communicates the favourable outcome of this catastrophic act. This time, the catastrophic act was the search for excellences within the social reality surrounding the artist and her audience; excellences on the moral and social planes, in terms of economic and political achievement, figures who through their behaviour have been capable of adding value to their country’s identity; in this case, Italy. Rhetoric of old tells us that Italy is a country of poets, warriors and sailors. The range of characters chosen by the artist is well documented by their personal stories and, I should add, by their aptitude to be transfigured into icons. This catastrophic intervention on language is successful because the artist uses an absolutely personal technique. She effectively brings to surface with pixels and manual ability the figures, the representation, the transposition of recognizable characters from life to the work of art. Their familiarity is such thanks to their passage through a linguistic grill. A formal, original system that shows us how art which comes forth from moral impetuosity is in itself a question, holding an adequate and accurate linguistic answer. This figuration produces a gallery, a sample of existing, behavioural, professional excellences who provide a behavioural model through the contemplation the public has towards them, thus contributing, while motionless, through this new iconography, to develop and massage the atrophied muscle of collective sensitivity. This collectively organized social endeavour hence produces new processes of knowledge creation. In our case, the awareness of new ways of producing images, of painting, while on the other hand, the capability of creating, illustrating the history of our country.
critica di Andrea Romoli Barberini
Un “racconto” visivo in chiave squisitamente aniconica che, nel negare ogni referenzialità dell’immagine, consente ai segni di generarsi e organizzarsi liberamente per ricostituire, quasi si trattasse di un’esperienza di laboratorio, la fase embrionale del linguaggio.
In questa sofisticata contraddizione, che formalmente include alcune componenti della cultura informale per negarle con la programmaticità degli obiettivi della ricerca, risiede il nodo centrale dell’esperienza pittorica più recente di Minya Mikic.
Un “racconto”, una narrazione, s’è detto, la cui sintassi va cercata nell’opera e al di fuori di essa, nel nesso, talvolta insospettabile, che lega un elaborato all’altro in un rapporto di causa ed effetto e che, come più volte affermato dalla Mikic, tende a restituire allo sguardo una sorta di storia della comunicazione rielaborata e, in certo senso, rivissuta nella dialettica tra segno e materia, propria della pittura.
A guardare nel recente passato di questa artista è possibile rintracciare anche una significativa rettifica di percorso, quasi un pentimento, che non smentisce la coerenza del suo corpus pittorico ma che anzi ne esalta il rigore, quasi a voler spostare ancora più indietro nel tempo il punto di partenza di questa sua complessa ricognizione.
Il riferimento va a quella pur accattivante serie di opere in cui si potevano distinguere lacerti figurali, memori delle pitture rupestri preistoriche, discretamente inseriti nei supporti come una sorta di indizio cronologico, di indiscutibile forza evocativa, concesso all’osservatore.
Frammenti di forme referenziali, tentazioni iconiche, del tutto sparite dalle opere più recenti senza conseguenze sulla “riconoscibilità” dell’artista che resta efficacemente affidata al clima arcaico che scaturisce, in questi manufatti al pari di quelli passati, da una materia spessa e porosa, solcata da segni di vario registro. A una gestualità viscerale che graffia le superfici con diversa energia, si uniscono infatti calligrafici arabeschi e modulazioni materiche regolari, ottenute con stampi elementari proprio alla maniera di certe soluzioni preistoriche.
I supporti così organizzati nelle loro seducenti trame segniche e nella ridondanza di una materia fatta di terre e pigmenti, si presentano come veri e propri palinsesti pittorici, stratificazioni di superfici diverse e sovrapposte individuabili grazie alle loro stesse discontinuità, ai solchi, alle cavità, ai rilievi che rinviano ad epoche, ere diverse. Sono le sedimentazioni di un istinto comunicazionale che, nella sua fase magmatica, precede la codificazione dei segni.
Una pittura da interpretare quindi come una sorta di esperienza metalinguistica che sembra voler risalire il grande fiume del linguaggio, a partire dalla complessità del suo delta, dato dal nostro presente, per raggiungere la sua sorgente, e con essa il grado zero della comunicazione.
La necessità di far coesistere e interagire, nello stesso manufatto, segni di epoche diverse ha da qualche tempo imposto all’artista l’utilizzo di materiali trasparenti in luogo delle tradizionali tele.
La Mikic, attraverso l’uso e la lettura bifronte di questi nuovi supporti esalta l’idea di successione e sovrapposizione temporale del segno, dal passato al presente, dalla materia per la rappresentazione al qui e ora della realtà viva e presente e viceversa, concedendo così all’opera la possibilità di una contaminazione, dinamica e mai stabile grazie alla trasparenza che ingloba azioni e situazioni del mondo circostante.
Ben al di là del concetto tradizionale di quadro, queste opere, come dimostrato dalle sperimentazioni condotte dall’artista nei luoghi della vita comune (spiagge, monumenti storici), cercano ora una diretta relazione con la realtà, non intesa come possibilità rappresentativa, ma come occasione di appropriazione, condivisione e contaminazione. Una pittura che ora, consapevolmente, senza negare e anzi radicalizzando la sua identità disciplinare, cerca un rapporto diretto e simultaneo con il seducente divenire dell’irrefrenabile performance del mondo nell’incontrollabile complessità dei suoi segni.
How it was made
The painting “GAPscapeTIME” aims to converge life and art in real time.
This work represents the concept of PASSAGE OF TIME using RASPBERRIES and TIME as raw materials instead of traditional colours.
Exploring the idea that only art is timeless, the life of this artwork begins with the degradation of living matter using raspberries as a symbol of fertility and richness. Their delicacy and quick degradation invoke the sense of transiency and ephemerality of us and of our precarious environment.
The dramatic process of decomposing of raspberries leaves its traces, pigmenting silver leaves on the transparent surface of Plexiglas.
The artist’s accurate intervention reveals her studied plan: to employ the contrast between free expression, represented by abstract forms and the interleaving straight lines enhanced by the use of contrasting materials such as raspberries and silver on the one hand and Plexiglas on the other, to metaphorically narrate the story of free thought and human emotions expressed through screens of new technologies.
The splendour and the composition of this artwork recall the ideal forms and proportions defined by the ancient Greeks and their intention of “arresting the time” by achieving the visual perfection.
"TIMEscape" is a socio-political, cultural and anthropological study. This artistic project is a visual diary that reflects this historical moment capturing key current events in politics, culture, sport, environment and religion.
The artworks are created with innovative and personal technique - paintings made with natural pigments on a sleek plexiglas surface. The themes portrayed here cover some of the vital questions defining our epoch varying from human rights, respect and freedom of expression to migrations, new technologies, ecology, etc.
Artists, just like philosophers, reflect upon the world, study the nature, ponder about the meaning of the human existence - but instead of using words to express their conclusions they use images, forms and colours. In the case of "TIMEscape" the source material for each painting is a newspaper photography that captures a significant moment or an event of the present.
In a multitude of daily information, the artist's choice is like a spotlight that focuses on one
Title of the project "TIMEscape" represents the union of topic, artistic technique and philosophy.